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COMUNICATO STAMPA
Anno XXXV n.13
20 giugno 2019
LA MORTE CEREBRALE
E' UN'INVENZIONE MEDICO-LEGALE
Queste le tesi sostenute nel Convegno internazionale JAHLF del 20-21.05.2019 a Roma
Una delle tante errate convinzioni intorno alla pratica dei trapianti è quella che, in merito ad essa ed al suo necessario presupposto teorico-pratico rappresentato dalla morte cerebrale, ci sia, all’interno della comunità scientifica, come all’interno del mondo religioso, un consenso totale e universale.
Le cose, in realtà, sono ben diverse. Numerosi sono gli scienziati, i teologi e i filosofi che, da sempre (a cominciare dagli scritti di Hans Jonas), avanzano riserve, sollevano dubbi ed esprimono ferme obiezioni e critiche decise nei confronti sia del criterio della morte cerebrale, sia nei confronti della pratica di espianto-trapianto di organi. Ma di queste voci, molte delle quali di indubbia autorevolezza, si preferisce non parlare. L’intera grancassa mediatica è infatti compattamente impegnata in una inesausta apologia della donazione degli organi e nell’esaltazione delle imprese chirurgiche attuate dalle équipes trapiantistiche. Per i perplessi, i dubbiosi e gli oppositori, sul palcoscenico mediatico non risulta esserci posto, neppure sottoforma di fugace comparsata.
Un importante tentativo di
incrinare le alte muraglie che difendono le (presunte) certezze dei sostenitori
dell’indiscutibilità dei trapianti di organi ha avuto luogo in questi giorni
(20-21/05) a Roma, ad opera della John Paul II Academy for Human life and
the Family (fondata da ex docenti dell’Accademia pontificia per
Tutte di grosso spessore le relazioni di entrambe le giornate,
vere miniere di puntuali informazioni scientifiche e di corpose argomentazioni
filosofiche e teologiche.
Il filosofo Josef Seifert, uno dei padri spirituali dell’iniziativa, ha
aperto i lavori dedicandosi, in particolar modo, a denunciare l’assoluta mancanza
di giustificazioni di ordine scientifico alla base della decisione del Comitato
ad hoc di Harvard che, nel 1968, propose-impose il nuovo criterio di
definizione di morte, sganciandolo dalle attività respiratoria e circolatoria,
e fondandolo unicamente sul riconoscimento della cessazione delle funzioni
cerebrali.
Le uniche due motivazioni addotte dal Comitato, infatti, furono esclusivamente
di carattere pragmatico ed utilitaristico:
· sollevare la collettività dal peso di numerosi pazienti mantenuti nelle strutture ospedaliere in condizioni di assenza di coscienza;
· sollevare i medici espiantatori dal rischio di essere accusati di omicidio nei confronti dei pazienti “donatori”.
“La morte cerebrale - ha detto Seifert - è una delle maggiori vergogne della medicina”, responsabile dell’uccisione di migliaia di persone a cui vengono tolti gli organi “da vive”.
Il neurologo Thomas Zabiega ha sottolineato, poi, come la morte cerebrale
non sia altro che una diversa definizione di quella condizione denominata da Mollaret e Goulon, nel 1959, coma
dépassé (ossia coma irreversibile), mettendo
anche in luce che i criteri adottati per la morte cerebrale, invece che
rafforzarsi, sarebbero stati indeboliti rispetto a quelli precedentemente
adottati.
Con particolare incisività, poi, il neurologo si è soffermato nel sostenere
l’inaccettabilità morale di criteri di ordine utilitaristico ed emozionale,
esulanti da adeguate valutazioni di natura rigorosamente razionale.
Di estremo
interesse la relazione di Cicero G. Coimbra,
neurologo e docente di neuroscienze dell'Università Federale di Sao Paulo (Brasile).
Coimbra si è soffermato
sulla nozione di “penumbra ischemica globale” che si
verifica quando il flusso di sangue al cervello è ridotto tra il 20 e il 50
percento dell'apporto normale, allora il cervello risulta silente all'esame
neurologico, perché non ha sufficiente energia per sostenere l'attività sinaptica, ovvero la comunicazione tra i neuroni. Si tratta
di silenzio neuronale ma non di morte del cervello, il cervello
se curato può riprendersi perché i neuroni sono vivi. Quindi il problema sorge
con i test invasivi per la dichiarazione di “morte cerebrale” il più pernicioso
dei quali è il test dell'apnea, ovvero lo spegnimento
del respiratore, in genere per 10 minuti, effettuato per dimostrare che il
paziente non può respirare da solo e quindi è morto. Invece la realtà è che i
centri respiratori silenti non possono funzionare perché sono in penumbra ischemica. Con lo spegnimento del respiratore il
40% dei pazienti ha un crollo del flusso sanguigno che distrugge i centri
respiratori e produce un danno cerebrale irreversibile, pertanto il test
dell'apnea deve essere abbandonato.
Particolarmente coinvolgenti
sono risultati i contributi di Paul Byrne, neonatologo statunitense, il
quale, anche utilizzando numerose immagini e filmati, ha operato una variegata
rassegna di casi (da lui seguiti in prima persona) di individui strappati alle
procedure di espianto, grazie ad una serie di circostanze propizie, prima fra
tutte l’opposizione dei familiari. Toccantissima, fra
le tante, la vicenda di Joseph, nato prematuro nel 1975 che, nonostante l’EEC
piatto e la conseguente dichiarazione di morte cerebrale, continuò ad essere
curato con eroica caparbietà, potendo così sopravvivere, godere di una vita
normale, essere, oggi, felice padre di famiglia.
“Quante altre persone - si è chiesto Byrne, vero indomabile combattente
a favore degli individui più fragili e vulnerabili - avrebbero potuto essere
salvate qualora le cure non fossero state troppo frettolosamente interrotte?”
L’anziano pediatra è stato categorico:
“Non ha senso - ha detto - essere “donatori”: ogni organo è preso da
un essere vivente!”
“Nel caso di persone veramente morte - ha poi aggiunto - le si porta
in obitorio, non in sala operatoria, somministrandole accuratamente farmaci
immobilizzanti. Questa si chiama vivisezione!”
Molto interessanti, infine,
gli interventi densissimi di Doyen Nguyen, ematopatologa e
teologa morale, soprattutto per quanto concerne l’analisi condotta, con rara
perizia ermeneutica, delle parole pronunciate da papa Giovanni Paolo II in uno
storico discorso al 18° Congresso Internazionale della Società dei trapianti,
del 29 agosto 2000.
Prof. Roberto Fantini
Lega Nazionale
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