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COMUNICATO STAMPA
Anno XXXV n.5
23 marzo 2019
Pietro Tarantino
DIAGNOSI INVENTATA PER ESPIANTARE GLI ORGANI
ATROCE CRIMINE SANITARIO E GIUDIZIARIO
Nell'anniversario dell'espianto/omicidio
di Pietro nessuno deve dimenticare che questa criminale vicenda è rimasta
impunita, nonostante per 16 anni il fratello e la moglie abbiano lottato per un
processo penale regolare, ove le prove potessero ottenere la garanzia del
contradditorio.
Pietro ci ha insegnato che la legge non prevede esplicitamente il caso che i
medici che eseguono i protocolli possano certificare falsamente la cosiddetta
“morte cerebrale” per imperizia o per dolo, né prevede quindi alcuna punizione
del reato, come se i medici fossero una casta immune da errori e pulsioni
criminali.
Per cui resta tuttora inspiegato come mai la Neurochirurgia (NCH)
dell'ospedale di Bergamo non ha riportato la diagnosi emessa dal Pronto
Soccorso di Vaprio d'Adda da cui proveniva Pietro “sospetta frattura della
base cranica, otorragia e rinorragia bilaterale”, sostituendola all'atto
d'entrata in NCH con la diagnosi inventata di “grave trauma cranio-cerebrale.
Frattura C2” (2° vertebra cerebrale) diagnosi mai documentata, funzionale alla
dichiarazione di “morte cerebrale”.
Dalla cartella clinica si rileva che non sono state eseguite né cure, né trattamenti, né monitoraggi del paziente sotto ventilazione, tolti perfino gli antiedemigeni iniziati al Pronto Soccorso. Chiesti subito gli esami di laboratorio urgenti “X ESPIANTO” e trasferito col timbro “DONATORE D'ORGANI” alla Rianimazione nonostante l'opposizione ribadita da tutta la famiglia. Un coma classificato irreversibile sotto Atropina, farmaco che provoca dilatazione fissa delle pupille e proibito dalla scienza internazionale. Viene eseguita una coronarografia invasiva e dannosa finalizzata alla valutazione del cuore da trapiantare. All'insaputa dei familiari, emessa illegale dichiarazione di “morte cerebrale” ed espianto a cuore battente nella notte: cuore e reni inspiegabilmente col “nulla osta” della Procura, pancreas senza “nulla osta” e dall'autopsia si scopre fegato e aorta trafugati.
La criminale vicenda dalle
sale operatorie è passata nelle aule giudiziarie dove l'iter processuale ha
subito per 16 anni ritardi, disguidi, rinvii, amnistie, omissioni, richieste di
archiviazione, opposizioni e riaperture, perfino due richieste di avocazione
del Pubblico Ministero per mancato esercizio dell'azione penale.
Dopo 16 anni di lotte il procedimento è stato chiuso d'autorità con un
incidente probatorio-farsa richiesto dagli indagati. Hanno parlato
esclusivamente i periti del giudice (esponenti dei trapianti), con veto di
parola per i quattro consulenti di Tarantino.
Il GIP, nonostante nella sentenza riconosca che gli elementi raccolti nel corso
delle indagini preliminari non sempre risultano esaustivi su fatti importanti,
dichiara che “la richiesta di archiviazione (da parte dei 5 medici indagati) deve essere accolta” perché
"tali carenze non possono essere più integrate”.
Potevano essere integrate, dovevano essere integrate, trattandosi di omicidio
doloso per avere i medici deliberatamente omesso ogni trattamento e cura onde
procedere senza indugio all'espianto.
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Nerina Negrello
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