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COMUNICATO STAMPA
Anno XXXIV n.15
30 Agosto 2018
SOLBAKKEN - TECNICO DEL COPENAGHEN
ERA "CLINICAMENTE MORTO": POI IL
MIRACOLO
(Stralcio da Goal.com 23 agosto 2018)
“Era
il 13 marzo 2001 e Solbakken, che giocava da centrocampista proprio nel
Copenaghen e aveva 33 anni, ebbe un arresto cardiaco in campo durante
l'allenamento con la squadra danese. Subito scattò l'allarme: il medico del
club. Frank Odgaard, praticò immediatamente un massaggio cardiaco, dopo 8 minuti
arrivò l'ambulanza.
Le speranze che Solbakken potesse farcela erano di
fatto nulle, tanto che lo stesso Odgaard dichiarò Solbakken, fra lo sgomento
generale, “clinicamente morto”. Il suo cuore aveva smesso di battere, ma ecco
che nel tragitto dal campo all'ospedale, dopo altri 7 minuti, accadde il
miracolo: le pulsazioni ripresero, Solbakken tornò in vita.
Arrivato all'ospedale, gli fu poi riscontrato un difetto cardiaco e gli fu impiantato un
pace maker. Il Copenaghen non si è mai dimenticato di lui e nel 2006 lo ha
voluto alla guida della squadra (...)”
***
Questo
episodio dimostra che il paziente in arresto cardiaco va curato e non si deve
mai mollare anche se la situazione è disperata, cosa che è in genere garantita
per le persone importanti.
Molto meno per il popolo, anzi sotto la pressione del
procacciamento di organi per trapianto (che la legge vincola da individui in
cosiddetta “morte cerebrale” a cuore battente) sopravanza anche in Italia,
contro legge, un utilitaristico trattamento preparatorio all'espianto esteso a
pazienti in arresto cardiocircolatorio in base a tempi fortemente ridotti (tra
1/5 minuti).
Pratica che l'Italia sta imitando da altri paesi ma posta sotto
critica dal Cnb (Comitato Nazionale di Bioetica) che sottolinea che “il paziente
possa ancora 'essere vivo', non essendo sufficiente il brevissimo lasso di tempo
intercorso dall'arresto cardiaco per dichiarare la perdita irreversibile delle
funzioni dell'encefalo”. Se tale pratica prendesse piede si tradurrebbe nella
regola del “donatore morente”.
Anche in Italia i Centri di potere trapiantistico hanno sviluppato un protocollo autoritario da applicare illegalmente a persone in arresto cardiaco reputate “precocemente” senza speranza.
Li chiamano “donatori a cuore fermo” e a livello internazionale NHBD (Non Heart Beating Donor) ovvero 'donatori a cuore non battente' ma cervello vivo. Sono pazienti che sulla base di un giudizio affrettato di prognosi infausta sono guardati come banca d'organi e tessuti. Quello che non viene detto è che l'immediata, invasiva e dannosa preparazione all'espianto con circolazione extracorporea (ECMO) che ossigena gli organi (mentre è ostacolato l'afflusso di sangue al cervello), precede l'accertamento di morte cardiaca che per legge è dichiarata dopo 20 minuti di riscontro elettrocardiografico (ECG). Allo scadere dei 20 min. può essere eseguito l'atto finale di asportazione di organi e tessuti.Il procacciamento è più facile sui ricoverati in terapia intensiva ma altre situazioni più comuni possono coinvolgere i cittadini. Quindi allerta!
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