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Fonte:
www.antipredazione.org
"Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente" Indirizzo: Pass. Canonici Lateranensi, 22 - 24121 Bergamo (ITALIA)
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COMUNICATO STAMPA N.20
23-Settembre-2002


“QUEL TRAPIANTO MI HA UCCISO”
RITA BORRELLI, TRAPIANTATA CON FEGATO CANCEROSO IL 31.12.01
AL POLICLINICO DI MODENA
E' MORTA ALLE 7.15 DELL'8 SETTEMBRE 2002
AL CARDARELLI DI NAPOLI

 

Aveva la cirrosi epatica da vari anni, ma i medici l'hanno convinta che col trapianto poteva tornare sana. Così da Napoli si è trasferita a Modena.
ILLUSIONE PAGATA CARA. L'espiantato, predato a cuore battente ha lasciato ai suoi cannibali un fegato malato di cancro. E di cancro la trapiantata è morta. Ennesimo caso.
 

Rita Borrelli a luglio ha presentato denuncia alla Procura di Modena: 5 medici nel registro degli indagati per lesioni colpose (il primario Dr. Antonio Daniele Pinna e i medici della sua équipe), ipotesi di reato che ora si trasformerà in omicidio colposo e forse doloso. Per lei i medici “Sapevano che il fegato era malato. Mi hanno voluto operare per forza”. 
Il primario chirurgo, Dr. Pinna, ha dichiarato:
“Mi dispiace”; “Secondo i protocolli in vigore, non c'erano dubbi”; “Il fegato era idoneo, non sarebbe stato giusto buttarlo via”. Eppure il dubbio era stato ben espresso dall'équipe che procedette all'espianto di reni: presenza di linfonodi sospetti.
 
Il Ministro della salute Sirchia tranquillizza: “I protocolli sui 'donatori' sono rigidissimi”, come dire: noi passiamo solo merce di prima qualità.
Ma se esaminiamo precedenti dichiarazioni del Nord Italia Transplant (NITp) da lui diretto rileviamo il contrario. Scriveva nel '99:
“Le circolari ministeriali impongono, per escludere la possibilità di trasmettere con il trapianto l'infezione di agenti patogeni... di eseguire i marcatori virali per escludere dal prelievo i 'donatori'” malati. Ma in verità solo quelli anti-HIV positivi sono esclusi. Infatti “i 'donatori' HbsAg (epatite antigena Australia) e anti-HCV (Citomegalovirus) positivi  possono essere utilizzati per trapiantare pazienti per i quali non esiste un'alternativa di trattamento”.    Bontà loro!  

Si evince che i protocolli non sono per niente rigidi, ma del tutto affidati all'arbitrio e all'interesse del trapiantatore.   Infatti Rita Borrelli non è stata informata del fatto che l'espiantato presentava linfonodi sospetti e neppure il marito. Saprà del fatto 100 giorni prima della morte, dopo sperimentazioni e torture d'ogni tipo.
Incalza Sirchia: “La biologia e la medicina hanno dei limiti, non sono scienze con poteri soprannaturali. Ci sono alcuni casi... che per l'impossibilità tecnica di evidenziare tutti gli ammassi di cellule tumorali dal contesto degli organi, hanno sviluppato delle neoplasie”.
Ma allora perché propagandare che il trapianto è vita? 
   Perché negare che la promiscuità di liquidi, sangue, tessuti, organi e farmaci di derivazione animale globalizzano le malattie e la morte?

I chirurghi trapiantisti si difendono:

in prima battuta con la versione che il fegato era di un 16enne in coma per incidente, come a dire 'più sano di così non glielo si poteva dare'.   Bugia che il marito di Rita smonta, mostrando un documento dell'ospedale Moscati di Avellino, dove è avvenuto l'espianto dell'organo malato: “Il donatore aveva 55 anni, si chiamava Michele Ferrara e forse era già in coma da una ventina di giorni per il tumore”. Quindi la merce non era così di prim'ordine. (Forse è per questo che la legge vieta di rendere pubblico il nome del cosiddetto donatore?);

in seconda battuta con l'alibi dell'urgenza: la malata sarebbe stata ad un punto di non ritorno;

in terza battuta salta fuori, come un coniglio dal cappello del prestigiatore, la notizia che l'analisi dei cromosomi delle cellule tumorali prelevati in agosto sarebbero di origine femminile e quindi non apparterrebbero all'espiantato che è maschio.
Ma perché si accorgono che il tumore è 'femmina' solo dopo 7 mesi? (L'intervento fu fatto il 31 dicembre 2001).
Vogliono sostenere che non c'è responsabilità dei medici in quanto il donatore era sano e che il tumore era della donna ed è migrato nel fegato trapiantato? Non si può escludere: le cellule tumorali, siano esse del ricevente o del donatore, possono svilupparsi molto velocemente per i farmaci antirigetto che deprimono le naturali difese immunitarie.

Ma allora perché nascondere le gravi patologie croniche del trapiantato?  Perché la sanità pubblica pubblicizza i trapianti tacendo che di trapianto si può morire?
Acute e pertinenti le osservazioni del Prof. Dr. Massimo Bondì, Patologo e Chirurgo Generale:
Dobbiamo considerarci tutti potenziali portatori di cellule cancerose, silenziose, che in particolari condizioni interne ed esterne possono proliferare in maniera più o meno tumultuosa e aggressiva.      La proliferazione dipende dal numero delle cellule cancerose di cui siamo portatori, da particolari condizioni (immunosoppressori, virus, alcol, tabacco,  etc.) favorenti la proliferazione e rivelanti la presenza di masse tumorali, mediante patologie consequenziali di occlusione, compressione, infiltrazione, diffusione. In mancanza di patologie consequenziali, il tumore generalmente non nuoce e non uccide.    I donatori d'organi non sfuggono a tale meccanismo patogenetico, ma trovare piccolissimi agglomerati cellulari cancerosi nel contesto di un parenchima epatico formato da alcuni milioni di cellule  è pressoché impossibile”.
Per tranquillizzare i malati in lista d'attesa alcuni trapiantisti avrebbero proposto di inserire nei protocolli di verifica della qualità degli organi l'autopsia preventiva sul corpo vivo del malato ventilato, contestualmente all'espianto e prima di dare il via libera al trapianto
(La Repubblica 9.7.02). È un'idea aberrante, scientificamente inutile (come sopra esposto),  una messinscena crudele che in tempi di truffe istituzionali (finta morte cerebrale, donazioni presunte, schedature Asl illegali...) avrebbe il volto del crimine efferato.

 

Nerina Negrello
Presidente

 

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