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COMUNICATO STAMPA
Anno XXXV n.19
11 novembre 2019
COSI' PARLO' DAVID EVANS
"IL TRAPIANTO DI ORGANI È SBAGLIATO
ABUSA DEL MORENTE OPPURE DANNEGGIA IL SANO"
David W. Evans MD FRCP, un
pilastro internazionale dell'opposizione alla “morte cerebrale” e ai trapianti,
pioniere della ricerca cardiaca, si dimise dal
Papworth Hospital, Cambridge, in
opposizione al trapianto di cuore. Partecipò all'Audizione riservata alla Lega
Antipredazione in Commissione Affari Sociali della Camera del Parlamento
Italiano nel novembre del 1992, insieme a Massimo Bondì patologo e chirurgo
generale, a David Hill anestesista rianimatore, e altri, per fermare l'allora
imminente votazione finalizzata all'equiparazione del coma cosiddetto
irreversibile alla morte, legge funzionale ai trapianti e alla difesa degli
espiantatori che rischiavano la galera per omicidio. Massima riconoscenza a
questo luminare che ha tentato di salvare l'Italia dal baratro del crimine
corroborando la nostra lotta fino all'ultimo suo giorno (22.11.2014).
Di seguito
la sua “posizione laica contro la donazione” trasmessa alla Nottingham Trent
University il 27 aprile 2012.
“Il trapianto di organi umani è Sbagliato perché necessita di abusare del morente oppure di danneggiare il sano.
I medici non dovrebbero essere coinvolti in queste cose.
Va detto che sono stato un sostenitore del trapianto di rene fino all’avvento del trapianto di cuore e - dato che Terence English1 aveva bisogno del mio aiuto per i suoi interventi- ho potuto esaminare da vicino le tecniche di espianto di cuori vitali e, di conseguenza, ho rifiutato di essere coinvolto. (Un altro cardiologo fu nominato per permettergli di iniziare nel 1979). Vale forse la pena di ricordare che sono stato S.R. in un'Unità Renale, nei tempi precedenti ai trapianti, quando eravamo in grado di offrire la dialisi solo a 3 dei 50 e più pazienti con insufficienza renale cronica che arrivavano presso di noi ogni anno. Suppongo di esser stato per natura una sorta di pioniere, ricordo che ho sviluppato la ricerca cardiaca e le tecniche di rianimazione a Birmingham, negli anni 60, e poi ho portato la cardiologia moderna nell’East Anglia - organizzando unità di cure coronariche (e di prevenzione clinica), acquisendo da autodidatta l’arteriografia coronarica (in modo da poter dare inizio alla chirurgia del bypass coronarico), fondando un servizio regionale di pacemaking (la cosa più gratificante che io abbia mai fatto) e, riconoscendone la potenzialità, introducendo l’ecocardiografia all’Ospedale Papworth negli anni '70.
Da questi dati spero che sia evidente che non sono per natura in opposizione al progresso. Né sono ignaro delle sofferenze della dialisi cronica - tuttavia va detto che sono stato favorevolmente colpito da persone che mantengono una vita di lavoro molto attiva mentre sono tenuti in vita da questi mezzi (come per esempio un ufficiale d’alto grado in pensione della RAF che amava volare con me e alla fine è morto in attesa di un trapianto). Ho anche visto come un trapianto renale riuscito possa trasformare la vita e ho assistito alla delusione che procura il suo fallimento, a volte accompagnata da accuse e critiche a coloro che vengono visti come portatori di false speranze.
Nessuna di queste cose è rilevante per la mia attuale posizione che, come si può vedere da ciò che sono riuscito a far pubblicare, ha basi scientifiche e al contempo nasce dal mio modo di intendere il dovere di un medico verso il suo paziente. Il problema fondamentale è che non è possibile procurarsi organi trapiantabili dal morto vero, aspettandosi che funzionino nel corpo di un altro. Da qui i tentativi di ridefinire per questo scopo la morte in senso “anticipato”. Tutte queste ridefinizioni - quella neurologica e la recente faux circulatory (pseudo arresto cardiocircolatorio) – come Shah e altri hanno messo in evidenza l’anno scorso nel giornale J Med Ethics, altro non sono che finzioni legali - invenzioni per questo scopo. Oltre a ciò ci sono cose terribili che alcuni membri della nostra professione sembrano voler fare ai loro pazienti prima che essi siano veramente morti, in quanto il procacciamento degli organi diventa l'obiettivo primario.
Mi sono spesso domandato se sbaglio l’interpretazione dei concetti neurologici e dei criteri della morte umana ma, forse di conseguenza, sono sempre più convinto che il corretto atteggiamento scientifico (in particolare nei confronti dell’elemento di criticità relativo alla coscienza) sia: “Semplicemente non lo sappiamo”. Questa sembra essere la posizione della comunità neuroscientifica al di fuori della Medicina ufficiale ogni volta che quantomeno si prende in considerazione la questione. Un punto di vista autorevole dice che “la scienza non può affrontare il problema della coscienza”, anche se alcuni premi Nobel hanno tentato. Finché non cambierà, ammesso che cambi, non può esistere il fatto di considerare un cervello morto mentre il sangue continua a circolare attraverso di esso. Per quanto tempo, dopo la cessazione definitiva di questo flusso sanguigno, uno deve aspettare prima di decidere che quel cervello è morto è la questione che richiede ricerca scientifica per l’ottenimento di risposte attendibili. E’, naturalmente, una questione complessa nella quale vanno tenute in considerazione variabili come la nutrizione in primo luogo, la temperatura, eccetera. Le mie personali osservazioni cliniche suggeriscono che (a temperature normali) quel periodo di verifica supera di gran lunga i tempi attualmente in uso per il procacciamento di organi in 'DCD' (Donation after Circulatory Death). (Una volta ho rianimato un neurologo dopo circa 40 minuti di arresto cardiaco – durante il quale gli fu praticata una sorta di sommaria compressione/ventilazione del torace – ed egli tornò alla professione attiva di Consulente).
Mi sono anche chiesto perché continuo a voler rendere nota la verità sui trapianti dopo circa 35 anni di sforzi piuttosto inefficaci. All’inizio fui motivato dalla scorrettezza della scienza e dalla disonestà intellettuale insita nel chiamare cervelli “morti” quando solo piccole parti di essi erano state testate. Col passare del tempo, la motivazione di gran lunga più potente divenne la preoccupazione per l’inganno a scapito di persone vulnerabili da parte di coloro - in particolare enti ufficiali - intenti a procurarsi più organi per i trapianti, verosimilmente a qualunque prezzo. Dubito sinceramente che tutti quei milioni di persone che stanno sul Registro dei Donatori di Organi della pubblica sanità (NHS) comprendano pienamente cosa sia stato fatto ufficialmente creder loro nel mettere la spunta nella casella per offrire i loro organi “dopo la mia morte”. Se non hanno capito che potrebbero essere dichiarati morti a quello scopo con criteri controversi, non accettati negli USA, piuttosto che con i tradizionali criteri di morte come comunemente intesa (arresto cardio-circolatorio-respiratorio), essi sono stati ingannati dalle parole e il loro “consenso” non è valido. Se i genitori non sono informati, in modo chiaro ed onesto con parole a loro comprensibili, tenuto conto dello sconvolgimento mentale di quel momento, che i loro figli dichiarati in “morte cerebrale” reagiranno durante la rimozione degli organi come se dovessero soffrire (anche se paralizzati con farmaci per facilitare l'espianto), allora essi sono stati orribilmente ingannati (per omissione). Non acconsentirei mai a che uno dei miei figli fosse usato come donatore di organi. Per me, questo sarebbe il tradimento della fiducia assoluta che un figlio ha nei confronti dei suoi genitori. Non riesco a pensare a un solo genitore che conosca i fatti, come li conosco io, che acconsenta a che suo figlio o figlia vengano così torturati nel lasciare la vita. Che alcuni genitori siano stati convinti ad acconsentire mi obbliga a concludere che non è possibile che essi siano stati pienamente e coscienziosamente informati.
Come per il procacciamento di reni e di parti di fegato da donatori sani, posso solo dire che non concepisco come un medico possa operare sul suo paziente non per il suo bene ma ben sapendo di fargli del male.”
David Evans
Già
Specialista Cardiologo, Papworth & Addenbroke's Hospital
Consiglio Direttivo
Nerina Negrello
Lega Nazionale
Contro
e
www.antipredazione.org
1_ Terence English eseguì
il primo trapianto di cuore riuscito in Inghilterra nel 1979, al Papworth Hospital, Cambridge.
Fonte:
http://extra.initiative-kao.de/evans-hill-dignity-in-donation-27-04-2012.html
Tradotto da Lega Antipredazione
Giornalisti e Associazioni |