LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E LA MORTE A CUORE BATTENTE
24124 BERGAMO Pass. Canonici Lateranensi, 22
Tel. 035-219255 - Telefax 035-235660
lega.nazionale@antipredazione.org
www.antipredazione.org
nata nel 1985

COMUNICATO STAMPA
 Anno XXXV n.17
13 settembre 2019

versione stampabile PDF

 


COSI' PARLO' GUIDO CERONETTI
DOPO IL PRIMO TRAPIANTO DI CUORE
"INGORDA PROFANAZIONE"

Perché ricordare il sommo Guido Ceronetti, sofisticato saggista e drammaturgo, nel I° Anniversario della sua liberazione dal mondo, con l'articolo che di seguito vi proponiamo? Perché fu il primo articolo che stigmatizzò sulla stampa nazionale il primo trapianto di cuore in Italia (14.11.1985), sgorgato da un grande uomo, fonte inesauribile del pensiero critico, delle analisi acute, cesellate nella perfezione della propria coerenza estrema.

E anche perché fu spontaneamente e liberamente da subito compagno di lotta della Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi (costituitasi poco prima) paventando negli espianti-trapianti la causa che può attirare una catena senza fine di crimini di Stato. Così fu. Un mondo che ha perso ogni traccia di luce, ogni segmento di ragione, sprofondato dentro una crescente glaciazione spirituale. Tutto quello che inventano finisce in un accrescimento di dolore.

 

LA STAMPA 31/01/1986

I DONATORI DI CUORE

Espianto

 

Corre una nuova parola, che viene pronunciata con compunzione ipocrita, in tono basso e sfuggente, come se scoprisse qualcosa di vergognoso e di oscuro, una parola tecnica, del gergo infame dei medici: espianto. Nella pronuncia circospetta, si rivela un certo timore di quel che evoca... Eh sì, quel che agisce nell'inconscio di chi dice espianto, specialmente avendolo praticato o partecipato all'atto, è il timore ancestrale dei morti e delle loro oscure capacità di vendicarsi, è l'eterno irreprimibile sentimento del sunt aliquid Manes.

La vera natura, il vero colore delle parole ci sfuggono – solo per via orfica, talvolta, noti – e nel linguaggio comune questa impenetrabilità è causa di infiniti malintesi e paure. Si è voluto solare, candido come la neve, e di natura mitissima, trapianto, nell'uso corrente medico-chirurgico, in quanto supposto portatore di vita, negazione e arretramento della morte; questa convenzione è ormai fissa: associamo trapianto a più vita. Da quando, dopo i corneali e i renali, sono cominciati in Italia i trapianti cardiaci, c'è come una rivendicazione ufficiale (da parte del potere medico e del giornalistico) della solarità indubitabile della parola trapianto. Insomma, trapianto è bello, direbbe il corteo.

Tutto quel che appare è ritmato sulla luce e sull'ombra. Se trapianto deve avere faccia ridente e chiara, espianto non può averla che buia e rigata di lacrime. Di fatto, trapianto-espianto sono siamesi bene attaccati l'uno all'altro: una faccia che ride, una che plora. Come chi dice nascita dice (mai lo direbbe espressamente) anche morte, chi dice trapianto evoca espianto, e dicendo espianto, per vincere l'imbarazzo e la sottile ripugnanza (per esorcizzarlo) deve elettrizzarsi rappresentandosi e mostrando garrulamente la faccia-trapianto, che giustifica e leva la parte d'ombra di sé, l'espianto.

Neologismo accettabile, espianto. Valendo specificamente strappamento, avulsione, estrazione del cuore; l'esatto termine italiano dovrebbe essere, mi pare, spiantamento. Prima si spianta (dal latino agricolo – quanta strada – explantare), poi si trapianta. Espianto è eufemismo, uno degli infiniti del gergo medico (neoplasia per cancro, cobaltoterapia per cura radioattiva), scelto anche inconsciamente per simmetria eufonica: trapianto-espianto, che mancherebbe con trapianto-spiantamento.

Dicevo (mai dobbiamo dimenticarlo): sunt aliquid Manes. In quest'ordine di pensieri nessuna autopsia e nessun espianto vanno privi di conseguenze, di quelle non previste dalla legge e dalla deontologia. I Mani di chi patisce l'espianto potrebbero non gradire la cosa, non brillare di piacere di vedere il cuore strappato senza cerimonie al loro “morto” andare a piantarsi in fretta e furia nel petto alzato come un coperchio, internamente sgomberato, di uno sconosciuto.

Esiste la solidarietà che lega, pur tra voragini di odio, i viventi, tra i Mani, i Disincarnati? Ne dubito. La loro idea di pietà è diversa; vedere oltraggiata questa pietà è l'unica ragione dell'accendersi, in loro, di una fiammella vendicatrice. Abbiamo un bel negare questo a parole: in profondo sentiamo che è così. Se è un uomo di cuore, chi pratica l'espianto non può essere troppo gaio, e neppure troppo sicuro di sé.

Ma si può togliere e cambiare cuori conservando il proprio? Come sarà il cuore del cardiochirurgo? Non avere dubbi è triste, è inumano; certamente ne avrà; e il timore metafisico è inseparabile dall'essere umano: lo si espianta...

Viene, da questa parola, una indicibile tristezza: sembra un composto di espiato e di pianto-compianto-rimpianto. L'espianto si fa su corpi di giovinezza, caldi del proprio rimpianto e dell'altrui. Mi viene in mente un espianto dei più squisitamente sadici, visto in una fotografia: era un'esecuzione capitale, in Cina, intorno al 1910, il condannato in piedi, consapevole, il boia con un colpo di scimitarra gli strappava il cuore fumante.

Gli ospedali non sono luoghi dove si pensa e, in generale, legge di rado infranta, la scienza non pensa. E' anche necessario al buon funzionamento: un ospedale che pensasse non funzionerebbe; quasi nessuno sarebbe operato, il dubbio paralizzerebbe tutto, cadrebbe la fleboclisi, il clistere direbbe: entro-non entro?

Chi pensa è costretto a pensare anche per l'ospedale, anche per quello dove andrà a morire, dato che non c'è scelta, o la strada o la clinica, la casa non c'è più che per dormire, e piuttosto male. Non sarà l'ospedale, che lo ha inventato, che potrà capire la bellezza struggente di espianto, parola in cui piange qualcuno, in cui qualcuno che si crede impassibile soffre e piange, parola dove affluiscono le misteriose correnti sotterranee dell'espiare, del piangere e del patire, parola funerea e cinerea, desolata e pura.

Li chiamano donatori, come se portassero orchidee e ravioli, ma sarebbe più pietoso chiamarli, crudamente, espiantati. E' il nome che gli conviene di più; la verità del nome riparerebbe in parte, forse, l'offesa. I Mani sono imprevedibili e strani. Specialmente non amano, anzi esecrano come empietà, gli eufemismi. Per loro, un espiantato non è un donatore: subito il loro fuoco si accende, segreto, contro chi gli applica questo cartellino bugiardo, un'irrisione, sopra tanta ingorda profanazione.

Guido Ceronetti

Nerina Negrello
Lega Nazionale
Contro la Predazione di Organi
e la Morte a Cuore Battente
www.antipredazione.org

 lega

 

Giornalisti e Associazioni 
che attingono a questa fonte sono tenuti ad indicare quanto riportato di seguito:

Fonte:
www.antipredazione.org
"Lega Nazionale Contro
la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente" Indirizzo: Pass. Canonici Lateranensi, 22 - 24121 Bergamo (ITALIA)
Tel. 035-219255, Fax 035-235660,  lega.nazionale@antipredazione.org

 

Indice Comunicati

Home Page