LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E LA MORTE A CUORE BATTENTE
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COMUNICATO STAMPA
 Anno XXXV n.14
3 luglio 2019

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DICHIARANO LA MORTE CEREBRALE
IN "PENUMBRA ISCHEMICA"
MENTRE I NEURONI SONO SILENTI MA VIVI
E CON IL TEST DELL'APNEA DANNO LA MAZZATA FINALE

Video-intervista di LifeSite 20-21.05.2019
a Cicero G. Coimbra MD PHD Neurologo
Professore di Neuroscienze, Università Federale di San Paolo (Brasile)
https://www.youtube.com/watch?v=83FV7CCdCQY
Tradotto da Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente

Verso la fine degli anni '60 si manifestò emergenza nel sistema dei trapianti, perché c'era un aumento di richiesta di organi trapiantabili. A quel tempo c'era una certa categoria di pazienti che erano considerati dei comatosi senza speranza; intendo dire che, pur usando tutte le tecniche e le conoscenze possibili in quel tempo, non si sarebbe potuto recuperare questi pazienti ad una vita normale. Non avrebbero recuperato la coscienza.
Pertanto fu deciso di chiamare questa condizione “morte cerebrale”. Così si potevano prelevare gli organi e usarli per migliorare la salute di altre persone, persone che avevano per esempio insufficienza epatica, renale, cardiaca all'ultimo stadio. Costoro avrebbero beneficiato dal ricevere organi da pazienti che erano in coma irreversibile. Così venne l'idea di chiamare questi pazienti “morti” perché in questo modo essi (i medici ndr) avrebbero superato tutti i problemi legali relativi all'espianto di organi vitali da pazienti in coma che non avevano la possibilità di riprendersi secondo la conoscenza medico-scientifica che avevamo a disposizione a quel tempo, alla fine degli anni '60.

Il principale errore fu di considerare questi pazienti in danno cerebrale “irreversibile”, in quanto il danno cerebrale era considerato irreversibile sulla base della limitata conoscenza di quel tempo.
Ma in seguito, col passare del tempo, furono disponibili nuove conoscenze scientifiche che indicarono altri modi di interpretare cosa realmente accadeva a questi pazienti.
Per esempio verso la fine degli anni '60 quando il concetto di morte cerebrale fu introdotto in medicina, i medici credevano che quando non si evidenziavano segni di attività cerebrale che potessero essere rilevati da un esame neurologico, la sola ragione possibile fosse l'assenza di circolazione nel cervello, e giacché l'assenza di circolazione nel cervello avrebbe distrutto il cervello in pochi minuti, allora hanno deciso di chiamare questo stato “morte cerebrale”.

Il problema è che nel tempo le cose cominciarono a cambiare mentre la pratica dei trapianti di organi vitali era già diffusa in tutto il mondo. Già nel 1984-85 esperimenti sui roditori dimostrarono che quando diminuisce il flusso di sangue al cervello fino a solo il 50 percento dell'apporto normale, allora il cervello diventa silente, in quanto non vi sarà sufficiente energia per sostenere quella che si chiama “attività sinaptica”.
Le sinapsi possono essere definite come il punto dove un neurone comunica con un altro neurone; così l'attività sinaptica, che è il rilascio di neurotrasmettitori, non era più possibile, perché il flusso del sangue nel cervello era al 50 percento dell'apporto normale, e quindi non poteva produrre abbastanza energia per l'attività sinaptica, cioè per la comunicazione dei neuroni fra loro, cosicché il cervello era silente. Ma i neuroni non muoiono solo per il fatto che il flusso di sangue è ridotto al 50 percento.
Quindi, silenzio ma non morte neuronale, non morte del cervello.

Necrosi significa che l'inizio del processo di morte neuronale, che è realmente un processo (impiega varie ore), si innescherebbe solo quando il flusso sanguigno decrescesse fino a circa il 20 percento, cioè più basso del 20 percento del livello normale. Così questo intervallo tra il 20 e il 50 percento è oggi conosciuto come la “penumbra zone”. Era inizialmente descritto in situazioni dove si ostruisce un'arteria che alimenta parte del cervello. Nell'area periferica di questa, diciamo, parte “ischemica” del cervello, era presente un afflusso di sangue collaterale, ed è stato possibile dimostrare negli animali che questa area periferica stava ricevendo tra il 20 e il 50 percento del flusso normale e se si fosse potuto riattivare quell'arteria, allora si sarebbe salvata quell'area periferica, perché era solo silente e non era necrotica, non era distrutta.

Così pochi anni più tardi fu chiaro che quando hai un paziente che ha avuto un trauma cranico e il cervello si sta gonfiando, ad un certo punto le arterie che portano sangue al cervello cominciano ad essere compresse perché la misura del cervello aumenta dentro lo spazio intracranico. Lo spazio intracranico è protetto da ossa che non possono essere espanse, quindi se aumenta la misura del cervello, come risultato di quello che conosciamo come edema cerebrale o gonfiore cerebrale, così che i vasi vengono progressivamente compressi, se si riduce il flusso di sangue a tutto il cervello, e ad un certo punto si raggiunge il livello del 50 percento (diminuzione del 50 percento rispetto al totale del livello normale), a questo punto l'intero cervello è silente.
Non una parte è silente, ma tutto il cervello, ma è ancora recuperabile, non è morto, è vivo, e questa situazione non era conosciuta alla fine degli anni '60, quando il concetto di morte cerebrale fu introdotto in medicina.

Così fu chiaro che alcuni di quei pazienti erano effettivamente vivi, cioè, intendo dire, il loro cervello non era distrutto, era solo silente, e essi (i medici n.d.r.) stavano prelevando organi da pazienti che avevano un tessuto cerebrale che teoricamente poteva essere recuperato.
Il tessuto cerebrale non era distrutto, quindi a me fu realmente chiaro alla fine degli anni '90, quando il fenomeno della “penumbra ischemica” (cervello silente ma non distrutto) fu dimostrato negli umani, e non solo nei roditori, che questa situazione poteva essere chiamata “penumbra ischemica globale”.

Il problema è nei test che vengono effettuati per la diagnosi della morte cerebrale, uno dei quali è lo spegnimento del respiratore, test dell'apnea. Se tu spegni il respiratore per 10 minuti, il livello di anidride carbonica aumenta vorticosamente e questo provoca un ulteriore incremento della pressione intracranica, e può diminuire la pressione arteriosa, così tu aumenti la compressione sui vasi del cervello e diminuisci la pressione nei vasi del cervello.

Lo scopo del test dell'apnea è di dimostrare che il paziente non può respirare da solo, e giacché in ogni cultura sarebbe inaccettabile dire che qualcuno che respira è morto, così il respiro spontaneo in ogni cultura significa vita. Per esempio quando un bambino nasce e non respira dici che è nato morto, ma se i suoi polmoni si sono espansi almeno una volta, dal punto di vista legale dici che è vivo anche se muore immediatamente, e questo ha molte conseguenza legali, se il cervello del bambino era vivo o morto quando il bambino è nato. Così in ogni cultura del mondo, Orientale, Occidentale, nessuno accetterebbe come morta una persona capace di respirare da sola.
Quindi l'obiettivo del test dell'apnea è di dimostrare che quel paziente non è capace di respirare autonomamente.

Immagina che il ventilatore sia disconnesso dai polmoni per 10 minuti. Nel tentativo di respirare da solo tu necessiti che funzionino i centri respiratori del tuo cervello così che possano controllare il diaframma, e i muscoli respiratori in generale. Se tu spegni il respiratore e non vi sono per nulla movimenti respiratori per 10 minuti, allora tu dici, vedi?, questa è un'ulteriore evidenza che il paziente è morto, perché non può respirare da solo. Dal che si deduce che il test dell'apnea è considerato il test fondamentale per la diagnosi di morte cerebrale; nessuno, nessun dottore al mondo diagnosticherebbe la morte cerebrale senza aver fatto questo test dell'apnea. Pertanto, se qualcuno dice che un certo paziente è in morte cerebrale, tu sai che il test dell'apnea è stato eseguito su quel paziente. Normalmente il test è di 10 minuti.

Il test dell'apnea non è legittimo, abbatte concetti fondamentali in medicina, per esempio immagina se ti impedissi di respirare per 10 minuti, cosa succederebbe? Tu moriresti.

Il ventilatore aiuta la persona a respirare, nessun problema su questo. Il problema è che spegnendo il ventilatore tu stai testando la vitalità dei centri respiratori. Ma cosa succede ai centri respiratori se fai un test che decrementa il flusso sanguigno ai centri respiratori? I centri respiratori sono già silenti, perché hanno bisogno di funzioni sinaptiche per lavorare come centri respiratori, quindi sei all'interno della zona di “penumbra” (il flusso sanguigno ai centri respiratori è all'interno della zona di “penumbra”), allora i centri respiratori non possono funzionare.

Quindi non diagnosticherai la morte cerebrale, non riconoscerai la differenza tra la “penumbra ischemica globale” e un danno cerebrale irreversibile, soltanto testando le funzioni respiratorie.
Tu puoi veramente distruggere i centri respiratori così come danneggiare tutte le parti del cervello, riducendo il flusso del sangue, perché il 40 percento dei pazienti sottoposti al test dell'apnea hanno un imponente crollo del loro flusso sanguigno, cioè: la pressione sanguigna è la pressione che c'è dentro le arterie, quindi è la pressione che dà la forza per mantenere la circolazione del cervello; così quando fai il test dell'apnea, tu nella realtà puoi provocare il danno che dovresti solo diagnosticare.

Quando un cervello è silente e non è morto, puoi indurre un danno irreversibile ai centri respiratori e a tutto il cervello, solo praticando il test dell'apnea.
Così, i medici (ndr) non rispettano il giuramento ippocratico, perché il concetto basilare della pratica medica è: primo, “non danneggiare”, e secondo, “fai il meglio che puoi”. Nessuno di questi concetti fondamentali viene rispettato in questa situazione.

***
L'intervista è stata rilasciata in occasione del convegno internazionale "Morte Cerebrale" Un'invenzione medico-legale Evidenze scientifiche e filosofiche, a cui l'illustre neurologo Cicero Coimbra ha partecipato con una relazione su Test dell'apnea contro terapia su pazienti in presunta “Morte cerebrale”. Il convegno è stato organizzato da JAHLF, Accademia Giovanni Paolo II per la Vita Umana e la Famiglia, Roma 20-21.05.2019.
 

Nerina Negrello
Presidente
Lega Nazionale
Contro la Predazione di Organi
e la Morte a Cuore Battente
www.antipredazione.org

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Fonte:
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