LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E
LA MORTE A CUORE BATTENTE
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COMUNICATO STAMPA
Anno XXVIII n.3
25 Marzo 2012
PIETRO TARANTINO E L'ATROPINA
un farmaco che favorisce la dichiarazione di morte cerebrale
Nell'anniversario
dell'espianto di Pietro, ricordiamo che questa vicenda legale è stata trascinata
per 14 anni fino all'incidente
probatorio
(2004), atto strumentale richiesto dai medici inquisiti per manovrare
l'archiviazione e impedire il processo. Ai 4 consulenti di parte presenti in
aula (Patologo e Chirurgo generale, Anestesista-rianimatrice, medico-legale e
Presidente della Lega Contro la Predazione di Organi) fu impedito di parlare.
Invece i 2 consulenti tecnici
del giudice parlarono a ruota libera senza spiegare perché l'ospedale riportò
all'atto del ricovero una diagnosi inventata di “Frattura C2” che sostituiva la
diagnosi corretta data da un precedente ospedale e, ancor più grave, perché
glissarono sulla relazione tecnica che stigmatizzava la valutazione del coma
compiuta sotto Atropina, farmaco vietato a livello internazionale nelle
dichiarazioni di morte cerebrale, perché produce midriasi (dilatazione fissa
pupillare).
Ecco uno stralcio dell'analisi dell'Ordinario di Fisiologia Umana
dell'Università degli Studi Milano:
“...Dalle cartelle cliniche si evince
che nelle ore seguenti all'incidente Tarantino, che era in stato comatoso,
ricevette due successive iniezioni intramuscolari di atropina, ciascuna nella
dose di 1 mg, la prima tra le ore 9.00 e le 9.30, durante il trasporto in
elicottero dall'ospedale di Vaprio d'Adda agli Ospedali Riuniti di Bergamo, e la
seconda subito dopo il ricovero nel reparto di Terapia Intensiva della Divisione
Neurochirurgia, simultaneamente all'incannulazione della vena succlavia destra.
Tra le due somministrazioni era pertanto trascorsa circa un'ora, un intervallo
breve se confrontato con l'emivita del farmaco (circa 4 ore). In base alle
nozioni presentate più sopra sulla farmacocinetica dell'atropina somministrata
intramuscolo, è possibile arguire che la seconda dose, fatta ad un'ora di
distanza dalla prima, abbia poco meno che raddoppiato (1,85 volte) la
concentrazione plasmatica dell'atropina prodotta dalla prima somministrazione.
E' quindi affermabile che gli effetti biologici globalmente derivati dal
trattamento siano stati di poco inferiori rispetto a quelli ottenibili con una
singola dose di 2 mg intramuscolo.
Occorre inoltre notare che dal registro di accettazione dell'Ospedale di
Vaprio d'Adda risulta che Tarantino, al momento del suo arrivo (ore 8.20), ha
subito l'intubazione oro-tracheale. Generalmente tale manovra viene accompagnata
dalla somministrazione di atropina. Tale importante dettaglio, tuttavia, non ha
potuto venire accertato, dato che non è stato ritrovato il documento (modello
24) che dovrebbe descrivere i trattamenti subiti da Tarantino durante il breve
transito per l'Ospedale di Vaprio. Nel caso, peraltro molto probabile, che ciò
si sia verificato, a Tarantino sarebbero state iniettate, a distanza di circa
un'ora l'una dall'altra, ben tre dosi di atropina, capaci di produrre effetti
pupillari ancor più ampi di quelli sopra postulati.
La totale scomparsa della reattività pupillare, causata dalla depressione dei
neuroni del tronco encefalico che trasmettono i riflessi alla luce, fa parte dei
segni utilizzati per diagnosticare la profondità del coma. Da quanto fin qui
descritto a proposito degli effetti pupillari dell'atropina risulta evidente che
dovendo utilizzare l'esame pupillare come rilevatore della gravità del danno
funzionale del tronco encefalico, si deve necessariamente escludere che la
caduta della reattività della pupilla sia dovuta a cause periferiche, per
esempio al blocco della trasmissione neuromuscolare nello sfintere pupillare
provocata dall'atropina. Ogni indebolimento della reattività pupillare, indotto
dal danno cerebrale conseguente al trauma, verrebbe infatti aggravato
dall'azione pupillare del farmaco, falsando la stima dell'entità della
depressione centrale. In un paziente in coma, che abbia ricevuto 2 o 3 mg di
atropina, una cospicua quota della caduta di reattività pupillare potrebbe
infatti essere dovuta al farmaco.
Riguardo alle possibili
interferenze dell'atropina con la diagnosi della profondità del coma, va tenuto
presente un ulteriore aspetto. Esistono dati sperimentali che testimoniano come
l'atropina induca effetti elettroencefalografi caratteristici di una diminuzione
della vigilanza (aumento delle componenti più lente dell'EEG), cui corrisponde
un'azione sedativa. In virtù del fatto che l'atropina contenuta nel plasma
normalmente non penetra nel tessuto nervoso centrale, perché impedita dalla
barriera ematoencefalica,
in condizioni fisiologiche i suoi effetti centrali sono di entità modesta (ma
sufficienti a sconsigliare il volo ai piloti che, in caso di guerra chimica,
debbano assumere atropina come antidoto all'avvelenamento da inibitori della
colinesterasi). Va tuttavia considerato che in presenza di edema cerebrale (è il
caso del signor Tarantino) le capacità selettive della barriera ematoencefalica
sono diminuite e l'ingresso dell'atropina nel cervello diventa più cospicuo. Ciò
aumenta l'entità degli effetti centrali dell'atropina, depressivi sulla
vigilanza, e può quindi incrementare la profondità apparente del coma”.
Il Comitato Medico-Scientifico della Lega Nazionale Contro la Predazione
di Organi e la Morte a Cuore Battente, di cui è Presidente il Prof. Dott.
Massimo Bondì, conferma l'analisi sopra esposta.
Non dobbiamo nasconderci la verità, non solo che la “morte cerebrale” è in sé
una finzione utilitaristica, ma ancor peggio che con i farmaci può essere
indotta una condizione che soddisfa i protocolli di Stato, simulando una
apparente 'morte cerebrale' rendendo possibile il successivo espianto di un vivo
che ha perso la coscienza.
La L. 91 del '99 però non prevede il caso che i medici che eseguono i protocolli
possano certificare falsamente la 'morte cerebrale' per imperizia o per dolo, né
prevede alcuna punizione del reato; come se i medici fossero una casta immune da
errori, interessi personali e pulsioni criminali.
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Comunicazione del
fratello:
Pietro era un uomo forte nel pieno della vita, aveva solo 41 anni e quest'oggi
(25 marzo) ricorre l'anniversario del suo crudele e illegale espianto.
Negammo ripetutamente l'autorizzazione all'espianto e minacciammo di denunciare
il primario. Alla sera a casa mi venne il dubbio che volessero procedere
nonostante la nostra opposizione. Andai alla Questura di Milano alle 23, che mi
rimandò a quella di Bergamo. La mattina presto andai alla Questura di Bergamo ma
nessuno riuscì a trovare il magistrato di turno. Io dicevo “mio fratello è vivo
e vogliono espiantarlo” e loro “non si preoccupi se è vivo non lo tocca
nessuno”. “Quel giorno non lo dimenticherò mai, di tanto in tanto entravano ed
uscivano dei medici dalla sua stanza. Credevo che lo curassero, come loro
dicevano, invece dalle cartelle cliniche appresi che lo stavano dichiarando in
'morte cerebrale' a nostra insaputa. I medici quella sera ci tranquillizzarono e
ci mandarono a casa assicurandoci che non avrebbero fatto niente senza il nostro
consenso. Invece appena usciti Pietro veniva portato in sala operatoria a lato
di quella dove c'era il malato che aspettava il cuore, un commerciante di Forlì,
che poi seppi da 4 mesi alloggiava in albergo in attesa di un cuore. Così
Pietro, camionista, fu sacrificato al commerciante. L'indomani mattina i parenti
trovarono Pietro in obitorio con un cerotto che andava dalla gola al pube
“Denunciai per omicidio volontario”. L'omicidio doloso
o volontario può essere “riaperto” anche oggi stesso, sulla base di nuovi
elementi, ma l'onere economico paralizza ogni azione di giustizia compreso il
ricorso alla Corte Europea (maggiori dettagli www.antipredazione.org sez. casi
principali).
Mario Tarantino
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Consigliere Nazionale
Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi
Giornalisti e Associazioni |