LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E
LA MORTE A CUORE BATTENTE
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COMUNICATO STAMPA
Anno XXVII n.2
07 Marzo 2011
TESTAMENTO BIOLOGICO
IL GRANDE INGANNO
Oggi, 7 marzo, prende avvio la discussione all'Aula della Camera sul Testamento
Biologico (PDL
C.2350
“Disposizioni
in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni
anticipate di trattamento - DAT”)
approvato in un testo del Senato nel marzo 2009 e ora licenziato con modifiche
marginali, sostanzialmente immutato, dalla Commissione Affari Sociali.
Relatore in Assemblea Di Virgilio (Pdl), medico, già presidente dei
Medici cattolici e fautore della “morte cerebrale”, che riceve dalla Commissione
mandato di riferire favorevolmente all'assemblea.
La votazione slitta in Aprile.
Il grande inganno sta nel fatto che l'universo cattolico e il fronte laico sono collusi già all'art. 1 a) della Proposta di legge, che recita: “La presente legge... riconosce e tutela la vita umana... fino alla morte accertata nei modi di legge”. Quale legge? Quale morte? Né il gatto né la volpe, hanno il coraggio di enunciarla. Nel testo del Senato era chiaramente esplicitata: “Legge n. 578/93”, ossia la legge che ridefinisce la morte in termini di “morte cerebrale” dichiarata a cuore battente in sole 6 ore. Ora cancellato il numero identificativo, il crimine è invisibile ai più, facendo credere che ci si riferisca alla morte vera.
Nessuno dei due schieramenti
contrapposti vuole riconoscere al cittadino il diritto di opposizione a tale
morte protocollare finalizzata ai trapianti. Ma la Costituzione sancisce che
“tutti i cittadini hanno pari dignità”, quindi anche al traumatizzato cranico
deve essere riconosciuto il diritto ad una Dichiarazione Anticipata di
Trattamento per impedire gli esami e le torture praticate per avvalorare
l'ipotesi di “coma irreversibile” (morte cerebrale).
Il profano immagina che prima viene la morte e poi, eventualmente, le indagini
invasive di tipizzazione per l'espianto/trapianto. Invece NO: il miraggio
dell'espianto richiede la conservazione della funzionalità degli organi. Ciò
significa che sono necessarie pesanti misure preparatorie già prima del
cosiddetto accertamento della morte cerebrale. Tali misure sono attuate quando
il rianimatore decide di sospendere la terapia perché, a suo avviso, la prognosi
non lascia speranza. Ma è un giudizio soggettivo: praticherà queste “fatture”
sul malato che respira ausiliato, il cui cuore batte autonomamente, mantenendo
il circolo in tutti i distretti del corpo. Il malato è vivo ma ha perso la
coscienza.
A partire da questo momento le misure mediche non saranno più curative, ma
serviranno solo a salvaguardare gli organi. Saranno effettuati gli accertamenti
dei caratteri immuno-genetici, si eseguirà l'asportazione di ghiandole
linfatiche per la tipizzazione antigenica e, non raro, esami invasivi per
valutare la qualità degli organi da trapiantare (coronariografie, ecc). Esami
non finalizzati all'interesse del paziente, anzi per lui gravemente dannosi. Ciò
avviene prima del cosiddetto accertamento del collegio medico. Questa violenza è
tenuta nascosta alla famiglia che continua a credere che i medici che si
affaccendano intorno al malato stiano curando il loro caro. E magari li
supplicano e ringraziano.
Inoltre, per
il cosiddetto accertamento di morte cerebrale, il Decreto impone
“indagini strumentali del flusso ematico cerebrale” (angiografia cerebrale ecc.),
metodica invasiva e dannosa - anche mortale - soprattutto per i pazienti in
Rianimazione. Infatti “iniettare un liquido di contrasto nelle arterie
endocraniche, dove c'è già un edema, vuol dire aumentare la pressione
endocranica e l'edema stesso,
attuando così il contrario di quello che una terapia medica finalizzata alla
vitalità del tessuto cerebrale richiederebbe”
(Prof. Dr. Massimo Bondì).
Il test dell'apnea (sospensione temporanea della ventilazione), già
denunciato a livello internazionale come gravemente lesivo (Prof. Dr. Galli
Coimbra) esita in un aggravamento delle condizioni del malato. La stessa
ventilazione forzata attuata routinariamente ed arbitrariamente, ha un secondo
fine: quello di dare ai medici il diritto di dichiarare il malato, soprattutto
il traumatizzato cranico, vivo o morto cerebrale a seconda che interessi o no
espiantare e trapiantare.
La legge non prevede il caso in cui i medici che eseguono i protocolli possano
certificare falsamente la morte cerebrale per dolo o imperizia, né prevede
alcuna punizione del reato, come se i medici fossero una casta immune da errori
e pulsioni criminali.
Suona
contraddittorio e disonesto il comportamento e il pensiero di coloro che
impongono in 6 ore la morte cerebrale su persone in coma che la rifiutano e
vorrebbero essere curate (e
non essere estubate d'autorità o peggio macellate),
e all'un tempo impongono ad altro gruppo di malati in stato vegetativo la vita
tramite un sondino naso-gastrico o la peg: un tubo ficcato direttamente
nell'intestino o nello stomaco per alimentare e idratare all'infinito persone
che hanno perso la coscienza, persone che in condizione di coscienza hanno
scelto la vita e la morte secondo natura e non accettano la meditecnica
sperimentale.
I
falsari del vivere e del morire presentano la cura al traumatizzato cranico come
accanimento terapeutico, e la peg a vita come un vivere sano.
Si torni a scienza e coscienza,
fuori dai protocolli autoritari della Sanità di Stato, che ci ha diviso
d'autorità in cavie: quelli come Eluana per la sperimentazione sul cervello, e
quelli sotto ventilazione per il ricambio d'organi.
Questa pubblica denuncia
dell'esclusione di alcuni malati, in genere i traumatizzati cranici, dal diritto
di esprimere Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, delegittima, in quanto
incostituzionale (artt. 2, 3, 13, 32), la Proposta di legge sui DAT all'esame
dell'Aula.
Piuttosto che un pastrocchio all'italiana MEGLIO
SENZA LEGGE.
Consiglio Direttivo
Presidente
Nerina Negrello
Giornalisti e Associazioni |