LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI
E LA MORTE A CUORE BATTENTE
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COMUNICATO STAMPA
 Anno XXIV n.11
12 Giugno 2008

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PRONTO PER L'ESPIANTO
MA IL PAZIENTE DICHIARATO MORTO PER ARRESTO CARDIACO ERA VIVO
la carenza di organi ispira ai medici nuovi crimini

Il fatto risale al febbraio 2008 a Parigi: un 45enne vittima di un infarto per strada viene rianimato in ambulanza per 10 minuti e consegnato all'ospedale La Pitiè-Salpetriè che lo considera “morto per arresto cardiaco”, ma continua la rianimazione per trasformarlo in donatore. L'équipe dell'espianto tarda a venire e i medici nell'attesa sono costretti a praticare il massaggio cardiaco per un'ora e mezza, non per salvarlo ma per mantenere l'attività circolatoria elemento indispensabile per ottenere organi (reni) utili al trapianto. In sala operatoria il suo cuore riprende a battere autonomamente, il paziente dà segni di sofferenza: è vivo.
Quel ritardo è stato provvidenziale, ora parla e cammina. Ma i medici hanno fretta di procacciare i reni per coloro che sono in lista d'attesa: una équipe puntuale lo avrebbe ucciso.

A lato della falsa “morte cerebrale”dichiarata d'autorità a cuore battente su persone ventilate, per ottenere organi vivi pulsanti, si sta diffondendo un nuovo stratagemma sanitario praticato a tradimento in alcune nazioni: la morte dichiarata in arresto cardiaco precoce di soli 2/5 minuti. Aprendo a questa ulteriore definizione di morte, i medici trapiantisti sperano di incrementare il numero di organi disponibili, ma la comunità medica è divisa su questo modo di procedere.
E' palese che le definizioni di morte sono state distorte per ottenere organi da trapiantare”, dice il prof. Dr. Massimo Bondì chirurgo e patologo generale “la morte cerebrale non è morte, ma nella migliore delle ipotesi è prognosi di morte” e aggiunge “la morte cardiaca precoce dichiarata in 2/5 minuti non è morte perché è una situazione potenzialmente reversibile, quindi si deve parlare di omissione di soccorso”. Ciò dimostra che gli organi non sono mai presi dai morti, ma sempre dai vivi o dai morenti.

L'aspetto più grave della “donazione” in arresto cardiaco è la prassi di somministrare farmaci come anticoagulanti prima o all'atto della rimozione della ventilazione col solo fine di preservare gli organi durante l'espianto e non a favore del paziente.
Sembra inoltre che i medici abbiano dimenticato che esiste la “morte apparente”, soprattutto negli infartuati, dove il movimento vermicolare delle fibre muscolari del miocardio garantisce una circolazione subliminale che manda ossigeno al cervello, per cui il cuore può riprendersi, se gli si lascia il tempo necessario. Tale movimento non è percepito dall'elettrocardiogramma (ECG). Sono segnalati circa 1000 casi all'anno di “morti apparenti” nel registro europeo. Sarebbe interessante verificare se nelle nazioni che hanno introdotto i programmi sperimentali per l'espianto in “presunto arresto cardiaco”, i casi di “morte apparente” siano diminuiti. Sarebbe la prova che i pazienti vengono uccisi dalla fretta di espiantare.

In Italia per legge “l'accertamento della morte per arresto cardiaco può essere effettuato da un medico (anche non cardiologo ndr) con il rilievo grafico dell'elettrocardiogramma (ECG) protratto per 20 minuti primi” o dopo 24 ore di semplice osservazione e nel dubbio di “morte apparente” 48 ore.

Viene spontanea una domanda: dopo la sospensione autoritaria della ventilazione su un cosiddetto “morto cerebrale” non donatore, qual è l'attesa prima di considerarlo morto cardiaco? Dopo 20 minuti o è subito considerato morto e usato per reni e tessuti? Possiamo veramente escludere che i nostri medici nel chiuso delle sale operatorie non espiantino i reni subito dopo il presunto arresto cardiaco?
Abbiamo le prove che l'Italia sta lavorando al nuovo stratagemma sanitario. L'Italia impara dalla Spagna dove il 30% degli espianti di reni è fatto con questo trucco, come in USA, Canada, Inghilterra, Francia.
Il dibattito pubblico è stato tacitato ovunque nell'interesse dell'industria trapiantistica.

 

Comitato medico-scientifico
Prof. Dr. Massimo Bondì
L. D. Pat. Chir. e Prop. Clin.

Consiglio direttivo
Presidente
Nerina Negrello


 

 

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