Giornalisti e Associazioni 
che attingono a questa fonte sono tenuti ad indicare quanto riportato di seguito:


Fonte:
www.antipredazione.org
"Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente" Indirizzo: Pass. Canonici Lateranensi, 22 - 24121 Bergamo (ITALIA)


AGOSTO 1995

Il caso:    Martin B., 18 anni, trascorre le vacanze in Italia. Ha un incidente, viene ricoverato in ospedale. Incomincia lo scandalo. I medici si arrendono. Lo dichiarano praticamente morto. Vogliono il suo cuore, i suoi organi. I genitori vengono tenuti a bada, respinti. È vivo, è morto? Giace privo di conoscenza in un letto.

Il padre racconta: "Mio figlio si trovava in vacanza in Italia, una mattina, verso le dieci, suona il telefono. All'altro capo del filo una voce sconosciuta, di un uomo:

    Buon giorno, qui l'ospedale Cardarelli di Napoli.

Un ospedale? In Italia? Per l'amor del cielo, cosa è successo a mio figlio? Di nuovo lo sconosciuto:

    Suo figlio ha la tessera di donatore?

Che cosa? Grido nel telefono: No, no! non ha la tessera di donatore. Ma cosa succede? Ma insomma, mi dica di cosa si tratta!

    Suo figlio è gravemente ferito. È in coma. Ci dispiace. Non c'è quasi più nulla da fare.

Urlo: Lasciatelo com'è! Vengo subito. Non toccatelo! Mia moglie e io prendiamo il primo aereo, quello delle 16.55 da Düsseldorf. Era il 3 di agosto". Come ha fatto il giovane tedesco a finire per rischiare gli organi?

Martin B. arriva a Napoli con un volo charter. Due settimane di vacanza tutto compreso all'isola dei fiori, Ischia. Hotel Terme Colella. La sua prima vacanza senza i genitori. Frequenta un istituto commerciale. Il padre, Heinz Heinrich (55 anni) ha una ditta di manutenzione. Martin, biondo, occhi azzurri, simpatico, a Ischia noleggia un motorino. La seconda sera è investito da un'auto. Urta contro la capote della macchina. Si alza e cade svenuto. Dal pronto soccorso lo inviano a Napoli, all'Ospedale Cardarelli. Qui viene considerato futuro donatore di organi. Il cuore, i reni, il fegato e gli occhi. Il padre e la madre di Martin arrivano a Napoli la sera stessa alle 9.

Il padre racconta: "Abbiamo fatto irruzione nell'ospedale. Abbiamo girato per i corridoi domandando: dov'è il reparto rianimazione? Ci siamo trovati davanti a una grande porta di vetro: «Rianimazioni». Una suora ci ingiunge: Alt!

Dico: io tedesco, sono il padre, dov'è mio figlio? Mi ascolti, vogliamo andare da nostro figlio, da Martin. È la madre, mamma, capisce? Io sono il padre, papà.

La suora dice: No, no!

Vorrei scagliarmi, sfondare una porta, ma quale? Penso alla voce al telefono, alla faccenda della tessera di donatore.

Ciò che i genitori non vedono. Il loro Martin è a pochi passi, nel suo letto. Gli esce sangue dall'orecchio. Le mani, il corpo sono incrostati di sangue. È sottoposto a respirazione artificiale, per il resto non succede gran che. Questo significa che ai suoi organi viene somministrato ossigeno - come nel caso di un donatore potenziale.

Il giorno dopo, la lotta disperata contro la minaccia del prelievo degli organi. Il padre: "Poco dopo le 7 siamo di nuovo all'ospedale, di nuovo respinti. Sono madido di sudore per l'angoscia. Mia moglie ed io entriamo in una banca. C'è nessuno che parli il tedesco? Il direttore della banca ci procura un interprete. Torniamo all'ospedale. Vogliamo finalmente vedere nostro figlio! Viene il professor Ruggieri, scuote la testa, no, non va. Dico: basta così, ci portiamo a casa nostro figlio, subito"

        Professor Ruggieri: "Crede forse che i suoi medici tedeschi possano fare qualcosa?"

Il padre: "Vado in un bar di fronte. Il padrone titolare ascolta tutto. Dice: prego, ecco il mio telefono. Chiamo un amico medico in Germania. Dice: sono semplicemente pazzi, non c'è niente di meglio per vostro figlio che sentire la vostra cara voce. Portatelo via da lì, e in fretta. Telefono alla mia assicurazione. Chiedo che mandi un aereo, uno adibito al trasporto malati. Tergiversano. Richiamo. Dicono: non trasportiamo morti. Sospetto che nel frattempo si siano telefonati con l'ospedale. Che cosa significa non trasportiamo morti? Martin è vivo! A che gioco stiamo giocando? Chiamo l'ARAG. Tratta. Ma ci vorrà del tempo. Faccio telefonate, mando fax, mia moglie monta la guardia in ospedale, nel corridoio, davanti al reparto di terapia intensiva. Ogni tanto ci incontriamo. Ci guardiamo negli occhi e capisco al volo. Non ci sono cambiamenti, non ci fanno entrare. Finalmente, il 6 agosto, dopo tre giorni, atterra il Learjet 35 con a bordo una giovane dottoressa decisa. Nemmeno lei può vedere mio figlio. Tratta per due ore. Poi aprono la porta d'acciaio. Là giace il nostro Martin.
Com'è magro. E che puzza, dolce di sangue fresco, di sudore. Mio Dio, l'hanno proprio abbandonato là, dichiarato praticamente morto solo ventilato. La dottoressa ordina: parlategli. Mia moglie accarezza i capelli di Martin, io le stringo le mani. Le palpebre fremano. La giovane dottoressa dice: ce la faremo. Dico a mia moglie di non piangere. Martin è vivo. Poi giù a piangere a dirotto anche io.
Clinica universitaria di Essen. Sediamo accanto al suo letto. Finalmente conosciamo il referto: trauma cranico cerebrale, travaso subdurale anteriore destro. Già il primo giorno spalanca gli occhi. Parla: voglio andare a casa."

Oggi Martin ha finito gli studi, gioca a pallacanestro. Nessuna lesione permanente. Dice: "Ho avuto fortuna, e per questo lotterò perché nessuno possa prelevare gli organi da persona definita cerebralmente morta. Ringrazio i miei meravigliosi genitori, l'interprete e specialmente la dottoressa che mi hanno portato via da lì. Grazie, dottoressa, vorrei baciarla.

REPERITO, TRADOTTO E DIFFUSO DA
LEGA NAZIONALE CONTRO LA PREDAZIONE DI ORGANI

Traduttrice: Dr.sa Renate Vincenti del Consiglio Direttivo

 

 

      

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